La Corte di Cassazione, III sez. civile, il 6 marzo 2018, con Sentenza n. 5160 si è pronunciata in tema di usura nell’ambito di un contratto di finanziamento a rimborso rateale contro cessione del quinto dello stipendio.
In particolare, l’istituto di credito ricorreva alla Suprema Corte contro la decisione della Corte d’Appello di Bologna lamentando la “falsa applicazione della legge n. 108/96 e della legge n. 2/2009”.
La Corte di Cassazione si esprimeva indicando che la normativa desunta dalle istruzioni di Banca d’Italia e dai D.M. di rilevazione del tasso soglia appare “contrastare con il principio di onnicomprensività fissato dall’art. 644, comma 3, c.p. e valevole sia sotto il profilo penale che sotto quello civile, secondo cui ‘per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.’ La giurisprudenza di legittimità ha affrontato, anche se non nello specifico, la questione della validità del conteggio degli oneri assicurativi nell’ambito dei contratti di finanziamento mediante cessione del quinto dello stipendio o della pensione. Ha cioè esaminato il problema nel diverso caso di un contratto di finanziamento con oneri assicurativi facoltativi (per i quali le istruzioni della Banca d’Italia ante 2009 non prevedevano espressamente l’esclusione dai conteggi). In quell’occasione la Corte ha affermato che la centralità sistematica di tale norma in punto di definizione della fattispecie usuraria rilevante non può non valere pure per l’intero arco normativo che risulta regolare il fenomeno dell’usura e quindi anche per le disposizioni regolamentari ed esecutive e per le istruzioni emanate dalla Banca d’Italia. Infatti ‘se è manifesta l’esigenza di una lettura a sistema di queste varie serie normative, pure appare chiaro che al centro di tale sistema si pone la definizione di fattispecie usuraria tracciata dall’art. 644, alla quale si uniformano, e con la quale si raccordano, le diverse altre disposizioni che intervengono in materia’ (Cass. civ. sez. I, 05-04-2017 n. 8806)“.
La Corte di Cassazione, con la Sentenza in oggetto, riconferma un orientamento già peraltro delineato con la precedente Sentenza n. 8809/2017, contrario alla Sentenza n. 12965/2016 che in tema di CMS si esprimeva in favore dell’omogeneità nel confronto.
Un mutamento così repentino della direzione (come anche avvenuto in tema di contratti “monofirma”) fa luce sulla complessità del tema che assiste alla contrapposizione di due ben distinte fazioni. Da un lato vi è infatti la tutela della centralità sistematica dell’art. 644 c.p. che definisce la fattispecie usuraria nel cumulo di tutte le voci di costo connesse al credito, dall’altro, invece, vi è il tecnicismo di una disciplina che richiede il confronto tra fattori che per correttezza metodologica non possono essere disomogenei.
Pensare alle origini della L. 108/96 fa sicuramente riflettere, in quanto una prima bozza del disegno di legge prendeva come tasso soglia un tasso di mercato maggiorato di un parametro. Soltanto in un momento successivo è stato introdotto il tasso soglia come tasso medio calcolato da Banca d’Italia e dall’Ufficio Italiano dei Cambi e poi maggiorato di un parametro. Probabilmente vi sarebbero state meno complicazioni, quanto meno in tema di omogeneità. Il dibattito si sarebbe focalizzato sulla natura dei costi e non anche sulla veridicità di un confronto tra fattori disomogenei.
La Sentenza in oggetto si pone come ulteriore tassello verso le Sezioni Unite per le quali si attende la decisione in tema di Commissione di Massimo Scoperto ed omogeneità.